1. Introduzione«Lavorare in partnership con i paesi terzi per affrontare la migrazione a monte», questa è stata una delle azioni immediate individuate dalla Commissione europea nell'Agenda europea sulla migrazione (13 maggio 2015). Lo scorso giugno, la Commissione ha proposto un nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi, successivamente approvato dal Consiglio europeo. Quest’ultimo, inoltre, ha richiesto anche una rapida attuazione a partire da alcuni Paesi terzi (Niger, Nigeria, Senegal, Mali, Etiopia, Giordania, Libano, Egitto e Tunisia).Come sottolineato dalla Commissione, nella “Prima relazione sui progressi compiuti relativamente al nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi” del 18 ottobre scorso, la cooperazione con tali Paesi è uno degli strumenti di cui dispone l’Unione europea per affrontare la pressione migratoria alle sue radici, tentando di sviluppare delle “tailor-made action”, attente alle diverse esigenze e agli interessi messi in gioco.
La presente nota analizzerà, in breve, il nuovo approccio sotteso al quadro di partenariato con i Paesi terzi, passando per le prime fasi di realizzazione, per giungere infine, ad alcune considerazioni in merito alle possibili ricadute positive e/o negative di tale orientamento.
2. Lo strumento dei “Compact”Nella dimensione di partenariato europeo con i Paesi terzi, l’elemento di novità, lo strumento fondamentale è il “compact”. Questo è un istituto che dovrebbe portare l’Unione a concretizzare delle cooperazioni valide e costanti con i Paesi terzi al fine, da un lato, di creare caso per caso sinergie e azioni su misura e, dall'altro, di evitare che l’attuazione possa essere rallentata da negoziati tecnici solitamente previsti per i tipici accordi formali.Per garantire una buona attuazione dei “compact”, come sottolineato dalla stessa Commissione, innanzitutto è indispensabile un buon coordinamento tra l’UE e gli Stati membri, sia per quanto concerne la condivisione della priorità politica in tale tematica, e sia in termini di supporto pratico, come per le azioni di riammissione e rimpatrio. In secondo luogo, è certamente necessaria una concertazione degli interessi dell’Unione e del Paese terzo via via coinvolto, per individuare azioni comuni e apportare reciproci vantaggi all'una e all'altra parte, senza mai trascurare l’importante dimensione della sostenibilità di lungo termine delle azioni.
3. Partenariato UE-Paesi terzi: una nuova architetturaInizialmente, per promuovere e sviluppare un nuovo approccio di partenariato con i Paesi terzi, l'UE e gli Stati membri hanno avviato una più stretta collaborazione interna al fine di determinare “tailor-made action” in base agli specifici contesti di ciascun Paese terzo individuato come prioritario. Tale cooperazione, successivamente, è stata aperta alla partecipazione esterna dei Paesi terzi prioritari.Nell'attuazione del quadro di partenariato è stata sicuramente importante l’individuazione di funzionari di collegamento europei da inviare nei Paesi terzi per garantire un continuo rapporto tra Unione ed i Paesi partner. Questi funzionari, in collaborazione con le organizzazioni internazionali, le agenzie dell'UE, le autorità nazionali e regionali, saranno nell'immediato futuro importanti punti di contatto e garantiranno un continuo monitoraggio delle azioni, al fine di conseguire risultati concreti.Come sottolineato dalla Commissione, di particolare rilevanza sono stati anche gli sforzi diplomatici e politici non solo dell’Unione, ma anche dei singoli Stati membri, che hanno determinato un visibile cambiamento «in the level of coordination between EU institutions and Member States». Questa trasformazione si è concretizzata mediante: la programmazione di “high level visit” nei paesi prioritari, la condivisione di posizioni in caso di importanti eventi come l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ecc.Il risultato più visibile di tali azioni è l’aver posto il tema della migrazione, e le relative problematiche ad esso connesse, al centro delle discussioni a livello globale ed in particolar modo con i Paesi terzi prioritari. Tuttavia, è opportuno sottolineare una considerazione della Commissione, la quale afferma che allo sforzo esterno, deve necessariamente seguire, a livello interno, una riduzione di eventuali conflitti e limiti posti a livello nazionale dai Paesi membri. Questi ultimi potrebbero determinare rallentamenti, ad esempio: nelle procedure di rimpatri, di riammissione e nell'identificazione degli smuggler.4. I Paesi terzi prioritari
4.1. NigerIl Niger, uno dei paesi maggiormente interessati dal transito dei migranti provenienti dall'Africa occidentale, in collaborazione con l'Unione europea, sta portando avanti un programma di lotta al traffico di migranti per ridurre i flussi irregolari e, allo stesso tempo, creare nuove opportunità economiche alternative all'aberrante mercimonio di esseri umani. Il governo del Niger, inoltre, per scoraggiare i migranti ad intraprendere viaggi con organizzazioni criminali sta organizzando campagne di forte sensibilizzazione ed informazione in loco. Alla luce dei primissimi risultati, sembrerebbe che tali azioni stiano contribuendo alla riduzione dei flussi di migranti in uscita dal Niger. Anche se, tale cambio di passo, potrebbe essersi determinato in questi ultimi due mesi anche dal cambiamento delle condizioni meteorologiche che nei mesi estivi, al contrario, favorisco gli spostamenti marittimi dall'Africa occidentale all'Europa del sud.
4.2. NigeriaCon la Nigeria, l’Unione ha definito nel marzo 2015, un'Agenda comune su migrazione e mobilità. In essa si sono stabilite le linee di azioni in relazione alle vie di migrazione legali verso l'Unione, agli investimenti nelle infrastrutture e alla creazione di opportunità di occupazione.Inoltre, di particolare interesse, è la notizia di un acceleramento dei negoziati per la definizione di un accordo di riammissione UE–Nigeria. L'avvio delle trattative, infatti, è previsto per il 25 ottobre prossimo.
4.3. SenegalLa migrazione irregolare dal Senegal è sempre stata molto significativa, anche se esistono importanti percorsi legali che portano i senegalesi a soggiornare legalmente nell’Unione. Un dato fra gli altri che ben evidenzia tale consistente presenza legale dei senegalesi nell’Unione è rappresentata dalle 220.000 persone di nazionalità senegalese che nel 2014 soggiornavano legalmente nell’Unione europea. Inoltre, di interesse è il sostegno assicurato al Senegal, nell'ambito del Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa, ai fini del contrasto delle cause profonde della migrazione irregolare.
4.4. MaliL'Unione europea sta fornendo in Mali un ampio sostegno politico, diplomatico e di sicurezza per stabilizzare il paese. Negli ultimi anni, infatti, il Mali ha dovuto fronteggiare una crisi interna determinata dalla presenza di alcuni gruppi armati. L’accordo di pace è stato siglato nel 2015, ma ad oggi i progressi sono ancora molto lenti. Tuttavia, per quanto concerne le attività di cooperazione tra il Mali e l’Unione europea, sono in via di finalizzazione gli standard relativi alle procedure di identificazione e di rimpatrio.
4.5. EtiopiaIn Etiopia, tra i principali fattori che inducono la popolazione a migrare si annoverano: l’insicurezza alimentare, il continua crescita della popolazione, la mancanza di sbocchi lavorativi e la negazione delle libertà politiche. L'UE sta attualmente fornendo un sostegno finanziario attraverso il Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa. Con tali finanziamenti si cercherà di offrire ai profughi, nel prossimo futuro, fonti di sostentamento, ed in particolare è stato annunciato che saranno riservati 30.000 posti di lavoro in due parchi industriali di prossima realizzazione.
4.6. Giordania e LibanoLa Giordania e il Libano sono i Paesi che vantano il maggior numero di profughi siriani ospitati nel loro territorio. La forte pressione migratoria ha determinato e, ancora oggi, crea forti pressioni sulle risorse naturali e sui rapporti fra profughi e comunità di accoglienza.L'Unione ha individuato, sia con il Libano sia con la Giordania, gli impegni per assorbire l'impatto della crisi siriana in questi due Paesi.Nella relazione si evince, inoltre, quale obiettivo principale della cooperazione tra l’Unione, la Giordania e il Libano, il rafforzamento della “resilienza istituzionale ed economica” dei due Paesi mediante l’offerta di servizi e di opportunità economiche per i profughi siriani e le comunità di accoglienza.
5. Considerazioni finaliCome si può rilevare, con i primi cinque Paesi individuati come prioritari dall’Unione, la cooperazione sta procedendo con tempi e modalità di intervento differenti, perché molto diverse sono le realtà dei Paesi partner attualmente individuati. La Commissione, inoltre, ha espresso chiaramente la volontà di proseguire e migliorare la collaborazione con i cinque paesi prioritari, ampliando però, dopo Dicembre, in un ottica di più ampio respiro, le attività di partenariato verso altri paesi.In definitiva, ci permettiamo di rilevare che tali progettualità, attuali e future, dovranno probabilmente fronteggiare spinte avverse allo sviluppo di partenariati con i Paesi terzi derivanti, sia dall'indolenza talvolta manifestata da alcuni Stati membri e, sia dai Paesi terzi coinvolti in tale quadro di partenariato. Ed è proprio dinnanzi a tali comportamenti ed inerzie che l’affermazione della Commissione: «the humanitarian and human rights imperatives of EU policy need to stay at the core of the [partnership] approach» sembrerebbe non coincidere molto spesso con la realtà. In diverse occasioni si è manifestatamente riscontrato uno “scollamento” da quel che dovrebbe essere e, quello che in molti casi si concretizza praticamente.
Annalisa Geraci
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