UE-Africa. Il dibattito consiliare ha dedicato una speciale attenzione allo stato delle relazioni UE-Africa. I rappresentanti europei hanno posto l’accento sulle varie declinazioni dei rapporti, da quella economica, alla necessità di promuovere investimenti al fine di incentivare la creazione di occupazione nel continente, proseguire sul binario consolidato della cooperazione allo sviluppo, alla gestione coordinata dei flussi migratori. L’inserimento di tale tematica all’ordine del giorno è stata dettata dal processo di avvicinamento al summit UE-Africa che si svolgerà nell’autunno 2017. Un focus di rilievo in tal senso è stato attribuito al ruolo dei giovani nella partnership. In merito a ciò, i ministri degli esteri europei hanno manifestato la volontà di porre in essere iniziative per un coinvolgimento quanto più ampio dei giovani europei ed africani proprio nella preparazione del summit, anche in virtù del fatto che proprio la gioventù sarà il suo filo conduttore e tema saliente. Nell’aprile 2017, la Commissione e l’Alto rappresentante dovrebbero adottare una dichiarazione congiunta al fine di dare un nuovo impulso al partenariato. Se il quadro generale delle relazioni UE-Africa è costituito dall’Accordo di Cotonou, firmato nel 2000 tra l’UE ed i paesi ACP (African, Caribbean and Pacific), una serie di successivi strumenti hanno specificato le forme della cooperazione. Lo strumento forse più significativo è la Joint Africa-EU Strategy (JAES), adottata da 80 capi di stato e di governo europei ed africani in occasione del vertice di Lisbona del 2007. Tale strumento include la EU-Africa partnership che disciplina le relazioni bilaterali. Nel contesto dei vertici che hanno scandito le tappe e gli sviluppi dei reciproci rapporti, di particolare rilevanza è il quarto EU-Africa Summit dell’aprile 2014 che, tra le altre cose, è stato un crocevia importante dal punto di vista politico per due ordini di motivi che si vogliono sottolineare in questa sede. In primo luogo, ha ribadito l’importanza della JAES, ridando vigore al processo inaugurato a Lisbona. Inoltre, il vertice del 2014 ha adottato la “EU-Africa Declaration on Migration and Mobility”, che ricalca grosso modo il Global Approach on Migration and Mobility, adottato dalla Commissione europea nel 2011 ed il partenariato per la mobilità avviato nel 2007. In tema di politiche migratorie alcuni analisti hanno fatto notare come sia nella dichiarazione del 2014 che nel partenariato fosse assente il riferimento ai molteplici fattori di spinta che inducono migliaia di africani a fuggire verso l’Europa. Al riguardo, è interessante il contributo fornito da uno studio svolto da Ivan Martin del Migration Policy Centre, che analizza proprio i fattori demografici e socio-economici della migrazione. Lo studio mette in luce come nel 2012 le rimesse, un terzo delle quali provenienti da africani che vivevano in Europa, costituissero una fetta del PIL del continente africano maggiore di quella rappresentata degli IDE (investimenti diretti esteri) e degli aiuti allo sviluppo. Si tratta, si specifica, di una stima al ribasso in quanto prende in considerazione solo le rimesse “legali”. Inoltre, oltre il 40% dei trecento milioni di africani tra i 15 ed i 30 anni sono NEET (Not in education nor in employment). Ancora, stando alle proiezioni demografiche dell’ONU, nel 2050 la popolazione africana passerà da 1 miliardo a 2,4 miliardi. La ricerca fornisce una chiave di lettura certamente fondata della portata e della complessità di un fenomeno difficilmente arginabile se non agendo sui fattori alla radice. Al netto, evidentemente, dell’impatto sui flussi dei conflitti regionali.Siria. "La nostra priorità in Siria sono la protezione e gli aiuti umanitari. L'UE non abbandonerà mai i civili. Sarebbe semplicemente inconcepibile, ad Aleppo o altrove". Il conflitto in Siria continua inevitabilmente ad essere oggetto di dibattito. Con l’attività diplomatica che stenta a concretizzarsi in iniziative in grado di garantire un cessate il fuoco stabile e durevole e a raggiungere un accordo sul futuro politico del paese, l’attenzione è rivolta, parallelamente all’aggravarsi della condizione in cui versa la popolazione civile, alla dimensione umanitaria. I ministri degli esteri europei hanno espresso l’unanime intenzione di fare ogni sforzo per garantire accesso umanitario in ogni parte del paese.Cuba. A margine del Consiglio, i ministri degli esteri dell’UE, l’Alto rappresentante ed il ministro degli esteri cubano, Bruno Rodríguez Parrilla, hanno firmato un accordo di dialogo politico e cooperazione. Si tratta del primo accordo mai firmato tra l’UE e Cuba, siglato a pochi giorni dalla morte di Fidel Castro. L’accordo apre una nuova era nelle relazioni tra Bruxelles e L’Avana. Si ricordi che l’UE ha avviato relazioni diplomatiche con Cuba nel 1988. Dal 2003 sull’isola si è insediata una rappresentanza dell’UE che ha assunto le vesti di una vera e propria delegazione nel 2008. L’accordo firmato il 12 dicembre ambisce a promuovere il dialogo politico tra i due partner e porre in essere un’azione comune presso le organizzazioni e i fori multilaterali. Per quanto attiene alle materie e ai temi coperti dall’accordo, figurano la cooperazione in materia di diritti umani, governance, stato di diritto, politica economica e commerciale e sviluppo sostenibile.
Diego Del Priore