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Il futuro della politica di coesione al centro del dibattito del Consiglio Affari generali del 15 novembre 2017

19 November 2017
Categoria: Affari generali,

1. Cenni introduttivi. – Il 15 novembre si è riunito a Bruxelles il Consiglio Affari generali che è stato presieduto da Jaak Aab, ministro estone della pubblica amministrazione. Il principale tema oggetto di discussione ha riguardato la politica di coesione dell’Unione nelle sue tre articolazioni, economica, sociale e territoriale. La riunione, quindi, si è focalizzata su due aspetti principali relativi a questa importante politica unionale, ossia la semplificazione delle regole relative ai fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) e il futuro della politica di coesione dopo il 2020.

2. Semplificazione delle regole relative ai Fondi strutturali. – Per quanto riguarda il primo punto, la presidenza estone ha aggiornato i ministri europei sui progressi compiuti per migliorare la normativa sui Fondi SIE. Questo sforzo di snellimento e semplificazione delle regole europee, finanziarie e generali, che dovrebbe rivelarsi cruciale per le imprese e tutti gli operatori economici, sarà articolato su due piani, entrambi per ora portati avanti dalla Commissione: da un lato la messa a punto di un regolamento sulle disposizioni comuni volto a definire i principi, le regole e gli standard comuni per l’attuazione dei cinque Fondi SIE (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo di coesione, Fondo sociale europeo, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per le attività marittime e la pesca); dall’altro lato la predisposizione e l’approvazione della cosiddetta proposta omnibus, che, come parte della revisione di medio periodo del quadro finanziario pluriennale dell’Ue per il periodo 2014-2020, cerca di semplificare le regole finanziarie applicabili al bilancio dell’Unione e a numerosi atti legislativi settoriali, tra cui appunto la politica di coesione. Con riferimento a quest’ultima, le modifiche proposte dalla Commissione hanno l’obiettivo di facilitare l’accesso ai e la gestione dei finanziamenti dell’Ue, contribuendo così alla riduzione delle disparità delle diverse regioni a tutto vantaggio dei cittadini europei. Ovviamente l’accordo finale su queste nuove regole sarà raggiunto a seguito del negoziato tra Commissione, Parlamento europeo e lo stesso Consiglio, un lavoro interistituzionale iniziato a settembre 2017 e ancora in corso che dovrà essere sostenuto dagli Stati membri al fine di semplificare l’attività delle autorità di gestione e migliorare la qualità della vita dei beneficiari.

3. Il futuro della politica di coesione: la settima relazione della Commissione. – Per ciò che concerne il secondo argomento, ossia il futuro della politica di coesione dopo la fine dell’attuale programmazione, la base della discussione è stata la settima relazione della Commissione presentata il 9 ottobre 2017 e significativamente denominata La mia regione, la mia Europa, il nostro futuro: settima relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale (COM(2017) 583 final). Il report analizza i vari aspetti che si connettono alla politica di coesione dell’Unione e passa in rassegna i dati degli ultimi anni in diversi settori strategici per la società e l’economia europee. Globalmente, ma anche a livello di segmento preso in considerazione, l’andamento è contrastante. Complessivamente, dopo gli anni della recessione si assiste nell’Ue a una crescita economica e a una diminuzione del tasso di disoccupazione (passato dall’11% del 2013 all’attuale 7.7%), ma al contempo molte regioni hanno ancora un PIL pro capite e un tasso di occupazione inferiori rispetto ai livelli pre-crisi (2008). Interessante è constatare come tra le regioni con un PIL pro capite vicino alla media Ue ce ne siano alcune bloccate nella c.d. “trappola del reddito medio”, ossia quel fenomeno per cui queste regioni registrano svantaggi comparativi sia verso le regioni più ricche (in quanto, nei loro confronti ci sono sistemi di innovazione regionali relativamente più arretrati), sia verso le regioni meno ricche (poiché rispetto ad esse si hanno costi maggiori). Sul versante dei cambiamenti demografici la Commissione fa notare che nel 2015 per la prima volta nell’Ue il numero di decessi ha superato le nascite rafforzando così l’impatto della migrazione e della mobilità sulla popolazione regionale che, a sua volta, ha messo sotto pressione le infrastrutture e i servizi pubblici dei luoghi di destinazione. Peraltro, a contribuire al cambiamento demografico sono stati anche i flussi migratori che hanno condotto a un rapido aumento dei richiedenti asilo, attestatisi a circa 2,5 milioni di domande nel biennio 2015-’16. La relazione, a tal proposito, asserisce che “garantire che tutti i rifugiati o i migranti che soggiornano legalmente nell’Ue siano integrati in modo efficace è importante per la coesione e la prosperità futura” e per questo è fondamentale migliorare le loro competenze per aiutarli a trovare lavoro, supportarli nel creare impresa, offrire loro un migliore accesso ai finanziamenti e combattere la discriminazione. Per ciò che concerne l’innovazione si assiste a una sua concentrazione in poche aree dell’Unione (Baviera, area metropolitana di Londra, talune zone dei paesi scandinavi), mentre risulta molto carente negli Stati membri meridionali e orientali. A concorrere a questa situazione è anche il livello degli investimenti pubblici che nell’Ue sono ancora al di sotto del livello precedente alla crisi e nei paesi più colpiti dalla recessione restano addirittura lacunosi. Il nodo degli investimenti si ripropone anche con riferimento alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, obiettivo della Strategia Europa 2020 e dell’accordo internazionale sul clima concluso a Parigi nel 2015 alla ventunesima Conferenza delle Parti. In questo campo l’Ue si conferma avanguardia globale e la sua normativa, nonché le sue politiche stanno portando i primi incoraggianti risultati, visto che gran parte degli Stati membri hanno raggiunto o sono vicini al raggiungimento dei loro obiettivi nazionali per il 2020. Purtroppo, oltre ai motivi suesposti, un altro che sta favorendo l’approssimarsi di questo traguardo è meno positivo e edificante, ovvero il protrarsi della crisi che ha determinato una sensibile riduzione dell’attività economica. Per il futuro, tuttavia, allo scopo di consolidare questo trend, è importante orientarsi verso un’energia pulita e rinnovabile, trasporti ecosostenibili, un uso efficiente delle infrastrutture di trasporto esistenti e un incremento dell’uso della ferrovia, delle vie navigabili e del trasporto pubblico. Cruciale anche la dimensione della qualità di governo. Nei paesi dove è bassa essa impatta negativamente sullo sviluppo economico e sugli investimenti pubblici, compresi quelli cofinanziati dalla politica di coesione. La situazione nell’Ue è abbastanza diversificata sia tra Stati membri, sia all’interno di uno stesso Stato. La relazione evidenzia come soprattutto negli Stati membri meridionali e orientali (tra cui l’Italia) la qualità di governo non sia esattamente ai massimi livelli, mentre Austria, Germania, Francia e i paesi scandinavi sono i paesi più avanzati. Per far sì che la qualità di governo aumenti anche nei paesi e nelle regioni in sofferenza da questo punto di vista, la Commissione raccomanda delle vere e proprie azioni di capacity building come il miglioramento dell’efficienza e della trasparenza delle istituzioni pubbliche e dell’efficacia dei sistemi giudiziari. Il documento, poi, dimostra come la politica di coesione sia la principale politica di investimento dell’Ue che eroga finanziamenti pari all’8.5% degli investimenti pubblici nell’Ue. E questi, oltre a sostenere le economie degli Stati membri direttamente beneficiari, producono al contempo esternalità positive per gli Stati membri che non rientrano nell’obiettivo coesione, aggiungendo piccole ma comunque importanti quote di PIL alle loro economie. I programmi di investimento connessi alla politica di coesione per il 2014-2020 prevedono di offrire sostegno a più di un milione di piccole e medie imprese, contribuendo alla creazione di più di 400mila nuovi posti di lavoro. Inoltre intendono aiutare circa 7.5 milioni di disoccupati a trovare lavoro e quasi 9 milioni di persone a acquisire nuove competenze e qualifiche. La relazione dà conto anche del sostegno fornito all’economia digitale, ossia 16 miliardi EUR stanziati per la pubblica amministrazione digitale (e-government), i servizi ICT, la banda larga ad alta velocità e ai sistemi di distribuzione intelligenti di energia. La politica di coesione dovrà farsi anche carico di supportare gli investimenti nel settore dei trasporti e quindi contribuire a finanziare il rinnovamento di più di 4600 km di linee ferroviarie TEN-T, la costruzione di 2000 km di nuove strade TEN-T e la costruzione o il miglioramento di 750 km di linee di tram e metropolitana. In aggiunta la politica di coesione sta già realizzando ingenti investimenti nella c.d. social infrastructure che permetterà a quasi 7 milioni di bambini di avere accesso a scuole nuove o ammodernate e a strutture per l’infanzia e a 42 milioni di persone di usufruire di servizi sanitari migliori. Infine la relazione tiene conto del Documento di riflessione sul futuro delle finanze dell’Ue presentato il 28 giugno 2017 dalla Commissione (COM(2017) 358 final) e mette in evidenza come esso sproni la politica di coesione a concentrarsi su ambiti ben specifici in cui è possibile ottenere il più alto valore aggiunto dell’Ue, ossia inclusione sociale, occupazione, competenze, ricerca e innovazione, cambiamento climatico, energia e transizione ambientale. Inoltre sottolinea altri settori sui quali la politica di coesione ha un impatto positivo, come ad esempio il sostegno alle PMI, l’assistenza sanitaria e l’infrastruttura sociale, i trasporti e l’infrastruttura digitale. La prossima tappa significativa sarà a metà 2018 quando la Commissione, dopo aver adottato a maggio la proposta per il quadro finanziario pluriennale, presenterà le proposte per la politica di coesione per il periodo successivo al 2020.

Il dibattito tra i ministri europei si è focalizzato su determinati aspetti della settimana relazione, a partire da quegli ambiti politici che devono essere maggiormente sostenuti e quindi inclusi tra le priorità. In tal senso molte delegazioni hanno insistito sulla lotta contro i cambiamenti climatici, la globalizzazione, l’economia digitale, l’inclusione sociale, l’innovazione, lo sviluppo delle competenze e la migrazione come passaggi nodali per il raggiungimento del più complessivo obiettivo di incoraggiare la crescita economica e occupazionale. Si è registrato un discreto confronto anche in merito alla stabilità della pianificazione degli investimenti a lungo termine e a una maggiore flessibilità necessaria per affrontare efficacemente nuove sfide. Su questo punto i ministri europei si sono divisi, chi preferendo la prima soluzione in quanto gli obiettivi strategici di lungo periodo potrebbero canalizzare meglio i futuri progetti finanziati dai Fondi SIE, chi prediligendo la seconda opzione in quanto una maggiore flessibilità potrebbe consentire a determinati Stati membri e Regioni di accomodare la loro risposta in base al verificarsi di eventi imprevisti. Interessante anche la proposta di alcune delegazioni di adottare una serie di misure come ad esempio le procedure di accorciamento per la chiusura dei programmi e l’accelerazione dei processi di nomina delle autorità di gestione e dei programmi al fine di agevolare e velocizzare la fase di transizione da un periodo di programmazione a un altro. Il dibattito si è soffermato anche sul collegamento tra riforme strutturali implementate dagli Stati membri e politica di coesione dell’Ue e i punti di vista sono stati molto variegati, chi facendo riferimento alla necessità di rispettare i valori e i principi fondamentali dell’Ue come elemento imprescindibile per avere un ambiente solido per gli investimenti, chi sottolineando la complementarità e la coerenza tra fondi strutturali europei e altri strumenti finanziari dell’Ue come mezzo importante per aumentare l’efficienza. Infine tutti i ministri si sono trovati d’accordo su un punto: la crescente complessità di gestione della politica di coesione e per questo è necessario adottare delle rapide contromisure, come ad esempio un approccio differente per semplificare la sua attuazione.

Luigi D’Ettorre

 
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