Introduzione.
Il 18 gennaio scorso il Mediatore europeo ha depositato una decisione in merito all’Accordo UE-Turchia e alla presunta mancanza di valutazione del rispetto dei diritti umani nella fase preliminare e attuativa dello stesso. Proprio su tali questioni sono state presentate delle denunce da parte di alcune organizzazioni non governative spagnole e da singoli cittadini. È opportuno ricordare che al Mediatore europeo posso presentare denunce i cittadini, le imprese, le associazioni ed altri soggetti, per casi di cattiva amministrazione che coinvolgono le istituzioni o altri organi dell’Unione europea (ex art. 228 TFUE).
Accordo UE-Turchia.
L’accordo, raggiunto il 18 marzo 2016, è stato incluso all’interno di una dichiarazione fra le parti che ha stabilito gli impegni di cooperazione fra l’Unione e la Turchia. Di questi, i più rilevanti sembrerebbero essere i seguenti:- la riammissione nel territorio turco, nel pieno rispetto del diritto internazionale e dell’Unione europea, dei migranti irregolari che raggiungono le isole greche dalla Turchia. La stessa azione è riservata ai migranti che non presentano una domanda di protezione internazionale o la cui richiesta risulti essere infondata o inammissibile;- il reinsediamento di un siriano dalla Turchia verso l’UE, per ogni siriano riammesso in territorio turco, sulla base del principio “dell’uno per uno” (c.d. one for one swap), tenendo conto che nel 2016 il limite di posti disponibili per il reinsediamento in Europa è stato di 72.000 unità;- l’accelerazione del percorso di adesione della Turchia nell’Unione europea.
Denuncia e repliche della Commissione.
Inizialmente, alcune ONG spagnole (il Comitato spagnolo per aiutare i rifugiati, l'Associazione Spagnola dei Giovani Avvocati, l’associazione Women’s Link Worldwide) e i singoli cittadini hanno manifestato direttamente alla Commissione europea le loro perplessità sulla mancanza di valutazione degli effetti dell'accordo UE-Turchia sui diritti umani dei migranti. In un primo momento, la Commissione ha affermato che l’accordo in questione ha una natura specificatamente politica volta al raggiungimento dei seguenti obiettivi:- rompere il modello di business dei trafficanti di migranti;- ridurre i rischi per le persone vulnerabili;- garantire elevati standard di protezione internazionale nel paese di primo asilo (in questo caso la Turchia). In un secondo momento, la Commissione ha affermato che la mancanza di valutazione dell’impatto sui diritti umani non sussisterebbe perché è stata già sviluppata sia nella comunicazione del 16 marzo 2016 (COM(2016)166 final) che nei successivi report di monitoraggio sull’attuazione dell’accordo UE-Turchia. Inoltre, per l’Istituzione, la natura stessa dello strumento di cooperazione fra Unione e Turchia, non configurandosi come accordo internazionale, ma quale mera dichiarazione politica, non obbligherebbe le parti ad una necessaria valutazione dell’impatto dell’accordo sui diritti umani.In reazione alle deboli risposte della Commissione europea, le ONG e i singoli cittadini spagnoli hanno presentato delle denunce al Mediatore europeo per la supposta inadeguata gestione e attuazione dell’accordo UE-Turchia da parte della Commissione.
La valutazione dell’Ombudsman.
Per quanto riguarda la prima replica della Commissione, il Mediatore, pur riconoscendo una natura specificatamente politica dell’accordo tra Consiglio europeo e Turchia, non ha esonerato la Commissione, responsabile dell’attuazione amministrativa dello stesso, alla valutazione (ex ante e in fieri) dell’impatto sui diritti umani come sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il Mediatore europeo ha poi aggiunto quanto segue: «where fundamental rights are not respected, there cannot be good administration»; un monito che lascia ben pochi margini di interpretazione alla Commissione.Per quanto concerne la seconda risposta della Commissione, relativa alla già prodotta valutazione (nella comunicazione del 16 marzo 2016 e successivi report) dell’impatto dell’accordo sui diritti umani, il Mediatore europeo ha espresso le seguenti considerazioni:- i documenti citati dalla Commissione europea affrontano solo marginalmente la questione dell’impatto dell’accordo sui diritti umani. L’analisi, infatti, è troppo generica e soprattutto non include alcun tipo di valutazione preliminare alla conclusione dell’accordo;- la valutazione dell’impatto sui diritti umani non è una collezione di dati ma è, piuttosto, uno strumento analitico che prova ad esaminare tutti i possibili fattori di rischio e le eventuali conseguenze nella scelta di un’azione rispetto ad altre;- è fondamentale un monitoraggio costante dell’azione. Su tale questione il Mediatore è stato chiaro, nei report citati dalla Commissione manca un’attività di “osservazione ad hoc” dei possibili impatti dell’accordo sui diritti umani.In definitiva, il Mediatore chiude l’indagine con un suggerimento per la Commissione: l’istituzione dovrebbe includere, nelle sue prossime relazioni sull’attuazione dell’accordo UE-Turchia, una sezione dedicata all’analisi degli impatti sui diritti umani e, allo stesso tempo, la proposizione di misure specifiche per ridurre quanto più possibile effetti negativi sui diritti umani.
Conclusioni.
Ciò detto, alcune considerazioni sono necessarie sull’accordo UE-Turchia. In primo luogo, non è chiaro sino a che punto tale strumento sia produttivo di obblighi in capo alle parti data la sua natura “politica”. Lo stesso Ombudsman ha smontato la giustificazione della Commissione che si era trincerata dietro alla particolare dimensione politica dell’accordo. Pur essendo una dichiarazione politica, la sua attuazione produce effetti diretti e/o indiretti sul singolo migrante, pertanto non è possibile escludere l’operatività e il conseguente rispetto dei diritti umani sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.In secondo luogo, il meccanismo “dell’uno per uno” sembrerebbe, da un lato, “punire” il rifugiato di guerra siriano che tenta di raggiungere l’Europa e, dall’altro, premiare il migrante che non prova a raggiungere le coste greche. Tale meccanismo, inoltre, sembrerebbe porre in essere una concreta discriminazione in base al Paese di origine dei migranti ex art. 3 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiati.In ultimo luogo, fra gli impegni condivisi vi è l’accelerazione dei negoziati di adesione della Turchia nell’Unione europea. In merito a tale questione emergono criticità sia in relazione alla valutazione della Turchia quale Paese sicuro e sia nell’avanzamento del procedimento di adesione del Paese terzo. Il 24 novembre 2016, proprio su tale questione, il Parlamento europeo ha manifestato un chiaro orientamento politico esprimendo la volontà di congelare i negoziati di adesione con la Turchia perché «le misure repressive attuate dal governo turco nell'ambito dello stato di emergenza sono sproporzionate e violano i diritti e le libertà fondamentali tutelati dalla Costituzione turca e i valori democratici su cui si fonda l'Unione europea» (2016/2993(RSP).
Annalisa Geraci
Per saperne di più:
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2016 sulle relazioni UE-Turchia