1. Considerazioni iniziali. – Il 15 Dicembre 2016 si sono riuniti a Bruxelles i capi di Stato e di governo dei 28 paesi membri dell’Unione europea in un Consiglio europeo che ha discusso temi particolarmente importanti per il presente e il futuro dell’Ue. Tuttavia le conclusioni adottate, di certo significative, non sembrano essere state all’altezza delle aspettative e delle ambizioni con cui i leader europei si erano presentati nella capitale belga. Le conclusioni hanno riguardato temi fondamentali quali l’immigrazione, la sicurezza, lo sviluppo economico e sociale con particolare riguardo alla condizione giovanile, Cipro e le relazioni esterne dell’Unione con riferimento alle situazioni dell’Ucraina e della Siria. È stato anche il primo Consiglio europeo a cui ha preso parte il nuovo Presidente del Consiglio dei ministri italiano Paolo Gentiloni, peraltro a suo agio tra le diverse questioni di natura internazionale visto il suo incarico precedente.
2. Immigrazione. – Uno dei temi più delicati in agenda è stato quello relativo all’immigrazione. Nelle ore precedenti il Consiglio, il neo premier italiano, Gentiloni, aveva dichiarato che l’Italia sarebbe stata molto esigente sulla questione migranti. Dal canto suo, il Presidente della Commissione europea, Juncker, aveva ribadito la necessità di non lasciare l’Italia da sola in questa difficile situazione. Tuttavia, nelle conclusioni adottate ieri dal Consiglio europeo non vi è traccia dell’Italia, si fa più volte riferimento alla rotta balcanica, alla Grecia e (addirittura) all’importanza di tenere sotto osservazione nuove possibili rotte come quella del Mediterraneo occidentale. Si ammette che, nonostante gli sforzi profusi nel procedimento di revisione del sistema europeo comune di asilo, ci sono ancora aree nelle quali è necessario raggiungere un consenso comune. Per questo la discussione sulla riforma del regolamento Dublino è stata rimandata ai prossimi mesi.
I leader europei hanno ribadito l’importanza di una completa attuazione di tutti gli aspetti dell’accordo Ue-Turchia nonostante le numerose critiche che questo ha ricevuto dal momento della sua stipula nel marzo di quest’anno. Com’è noto l’accordo in questione prevede il respingimento in Turchia dei migranti siriani irregolari che arrivano sulle coste greche secondo un meccanismo “uno ad uno” in base al quale, contestualmente al respingimento, un altro migrante siriano viene reinsediato dalla Turchia in un paese membro dell’Unione. In cambio, la Turchia, ha ricevuto dei fondi per offrire ai migranti una sistemazione dignitosa e la promessa di una liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. Tutto ciò è stato possibile attraverso il ricorso, sul piano giuridico, al concetto di “paese terzo sicuro” applicato in questo caso alla Turchia ma che, soprattutto dopo il tentato golpe di quest’estate e la dura repressione operata da Erdogan nei confronti dei suoi oppositori, desta più di qualche perplessità. Innegabile comunque che l’accordo abbia avuto gli effetti auspicati inibendo gli arrivi in Grecia da 856.723 nel 2015 a 172.699 nel 2016 (dati UNHCR).
Uno degli strumenti chiave dell’azione europea volta a debellare le cause dell’immigrazione irregolare è il cosiddetto Partnership Framework, nient’altro che il Migration Compact nella sua versione europea. Alla luce delle pregresse esperienze con cinque paesi africani di origine e di transito (Etiopia, Mali, Niger, Nigeria e Senegal), i leader europei auspicano la conclusione di accordi simili con altri paesi coinvolti nelle rotte migratorie. Sempre nel quadro delle azioni esterne, il Consiglio sottolinea l’importanza di intensificare il supporto fornito dall’Ue alla guardia costiera libica, inclusa EUNAVFOR MED – operazione Sophia per contrastare il traffico di esseri umani. Parallelamente, incita il Consiglio, dovranno essere adottate iniziative volte a incentivare i ritorni volontari assistiti nei paesi di origine dei migranti bloccati in Libia.
Per quando riguarda la dimensione interna delle azioni da intraprendere in tema di immigrazione, le conclusioni adottate dal Consiglio europeo risultano essere piuttosto misere: si ribadisce che l’applicazione dei principi di responsabilità e solidarietà resta un obiettivo condiviso da tutti gli Stati membri dell’Unione. Essi sono invitati a intensificare gli sforzi per accelerare il meccanismo di relocation in particolare per i minori non accompagnati. I risultati di tale meccanismo sono ad oggi piuttosto deludenti, con 2.280 richiedenti asilo ricollocati dall’Italia e 6.461 dalla Grecia a fronte di un totale previsto di 160.000 richiedenti asilo da ricollocare entro settembre 2017.
3. La questione della sicurezza interna ed esterna. – In tema di sicurezza interna il Consiglio europeo ribadisce il suo impegno relativo all’attuazione della Strategia di Sicurezza interna dell'Ue 2015-2020. L’accordo politico tra i co-legislatori della Direttiva sulla lotta al terrorismo è un importante passo in avanti che deve essere seguito da una rapida adozione delle proposte sulle armi da fuoco e anti-riciclaggio oltre all’implementazione della nuova legislazione sul Passanger Name Record (PNR). Il Consiglio europeo ha accolto favorevolmente l’accordo sulla riforma del Codice Frontiere Schengen che introduce controlli obbligatori anche per i cittadini Ue. L’obiettivo è quello di raggiungere un accordo per garantire controlli sistematici dei cittadini Ue raggiungendo l’interoperabilità dei sistemi nazionali e di altri database dell’Interpol entro la fine del 2017.
Sul fronte della sicurezza esterna il Consiglio europeo ha ammesso che, alla luce del difficile contesto geopolitico attuale e per meglio proteggere i cittadini europei, bisogna fare di più mettendo a disposizione maggiori risorse. Il Consiglio, inoltre, ha confermato le conclusioni del Consiglio del 14 novembre e del 17 ottobre 2016 sull’attuazione della Strategia Globale Europea in tema di sicurezza e difesa. Nei prossimi mesi l’Alto Rappresentante presenterà diverse proposte incluse delle opzioni per una Cooperazione Strutturata Permanente basata su un approccio modulare e sulla copertura di tutti i requisiti richiesti dal Capacity Building in Security and Development (CBSD). In questo contesto, il vertice ha chiesto a tutti i legislatori di lavorare rapidamente sulla proposta della Commissione riguardante il CBSD in vista dell’accordo da concludere nella prima metà del 2017. Ha inoltre ribadito l’urgenza di adottare rapidamente azioni a seguito delle conclusioni del Consiglio del 6 dicembre 2016 sull’implementazione della Dichiarazione congiunta firmata a Varsavia dai leader Ue e della NATO evitando duplicazioni e garantendo la complementarietà tra Ue e NATO riguardo alle minacce ibride, le questioni marittime, la cyber security e le capacità di difesa.
4. Sviluppo economico e sociale e questione giovanile. – I capi di stato e di governo europei hanno adottato delle specifiche conclusioni in merito ad alcuni strumenti che dovrebbero sostenere e rilanciare la crescita economica e occupazionale. Nella sua veste di istituzione politica intergovernativa che ha il compito di dettare le priorità strategiche dell’Unione, il Consiglio europeo ha fissato un’agenda particolarmente stringente per la realizzazione di alcuni obiettivi primari da raggiungere nel giro di un paio di anni. In particolare hanno accolto con favore l’accordo raggiunto in sede di Consiglio circa l’estensione temporale del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), il quale dovrebbe essere perfezionato entro i primi sei mesi del 2017 attraverso l’approvazione congiunta da parte dei legislatori europei (Parlamento europeo e lo stesso Consiglio). Inoltre hanno ribadito l’importanza delle varie strategie relative al mercato unico e all’Unione dell’energia, che dovrebbero essere completate entro e non oltre il 2018, così come il rilancio del mercato unico digitale in vista del Consiglio europeo del marzo 2017. Altri strumenti da incentivare sono il programma Garanzia giovani (che in Italia, come s’è visto, ha avuto una realizzazione non sempre facile, ma che in alcuni casi ha facilitato l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro di alcuni giovani), l’iniziativa occupazionale giovanile, il programma Erasmus e il neonato Corpo europeo di solidarietà, voluto dalla Commissione europea. Infine, i leader europei hanno sottolineato la necessità di completare l’Unione bancaria volgendo l’attenzione verso la riduzione e la condivisione dei rischi nel settore finanziario e hanno invitato il Consiglio ad esaminare rapidamente le recenti proposte della Commissione per aumentare la resilienza del settore finanziario.
5. Questione Cipro. – Con riguardo all’annosa questione cipriota, che ritorna periodicamente anche tra le incombenze delle Nazioni Unite – che peraltro hanno sull’isola una delle più antiche peacekeeping operations – il Consiglio europeo ha ribadito il suo sostegno al processo di riunificazione in corso e che coinvolte le parti greca e turca, quindi un paese membro e uno con cui sono in corso negoziati per l’adesione oramai da decenni e che nel frattempo è diventato imprescindibile per la cooperazione nella gestione dei flussi migratori. Quindi i leader europei hanno sottolineato che l’Ue è pronta a partecipare alla Conferenza di Ginevra su Cipro in programma il 12 gennaio 2017.
6. Le relazioni esterne dell’Unione tra il “pasticciaccio brutto” dell’Ucraina e il dramma della guerra in Siria. – I temi che hanno monopolizzato il dibattito e le conclusioni relative alla dimensione esterna dell’Unione sono stati l’Ucraina e la Siria. Per quanto riguarda la prima non è secondario ricordare che, dopo le proteste di piazza in alcune città occidentali del paese, soprattutto nella capitale Kiev, a cavallo del 2013-2014 - inscenate dal c.d. “movimento EuroMajdán” contro la decisione dell’allora presidente Janukovyč di sospendere il percorso di avvicinamento all’Ue e che lo costrinsero alle dimissioni e all’esilio - l’ex paese sovietico ha vissuto dapprima una vera e propria guerra tra l’esercito ucraino e le milizie di autodifesa delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e ora, a conflitto attenuato ma mai definitivamente archiviato nonostante gli accordi di Minsk, una forte instabilità intervallata da momenti di aperto confronto bellico. Con l’elezione dell’attuale presidente Porošenko il cammino europeista dell’Ucraina è ripreso ed uno dei suoi primi atti politici è stato quello di firmare e ratificare l’accordo di associazione con l’Ue insieme all’accordo relativo alla zona di libero scambio globale e approfondita (decisione del Consiglio del 17 marzo 2014, GUUE L 161, 29.5.2014) entrato in vigore il 1° gennaio 2016. A tal proposito, il Consiglio europeo ha ribadito il suo impegno per l’integrità territoriale dell’Ucraina – che oltre alle province orientali ha perso anche la Crimea passata alla Federazione Russa a seguito di un referendum – e per la ratifica dell’accordo di associazione, non ancora ratificato da parte dell’Unione dopo il referendum olandese del 6 aprile 2016 che ha rigettato l’accordo (e per questi accordi è necessaria l’unanimità degli Stati membri da ottenere secondo i loro ordinamenti). Inoltre sono stati apprezzati gli sforzi che l’Ucraina sta facendo per attuare le riforme necessarie per soddisfare alcuni standard europei, sforzi ai quali, sulla base della politica della condizionalità, sono collegati un robusto piano di sostegno finanziario e la possibilità di una revisione della politica dei visti volta a una totale abolizione dei controlli. Infine i capi degli esecutivi europei hanno adottato una decisione ad hoc sulla situazione ucraina (in allegato alle conclusioni finali) giuridicamente vincolante per tutti i 28 Stati membri dell’Ue e che potrà essere modificata o abrogata solo all’unanimità. Questa decisione, che entrerà in vigore una volta che anche i Paesi Bassi avranno ratificato l’accordo di associazione, ha posto dei paletti ben chiari al rapporto che si verrà a creare tra Ue e Ucraina. Innanzitutto l’accordo di associazione non conferisce all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione, né costituisce un impegno a conferirlo per il futuro. Poi riafferma la cooperazione bilaterale nel campo della sicurezza pur non aprendo la strada a un meccanismo di sicurezza collettiva di natura militare. In più, seppur volto a migliorare la mobilità dei cittadini europei e ucraini, l’accordo non conferisce agli ucraini il diritto di risiedere e lavorare liberamente in uno Stato membro e viceversa. Per questo non è compromesso il diritto degli Stati membri di determinare i volumi di ammissione nel loro territorio dei cittadini ucraini in cerca di lavoro. Inoltre la decisione sottolinea che l’accordo di associazione ha, tra i suoi obiettivi, l’impegno dell’Unione a sostenere il processo di riforma dell’apparato statale e amministrativo dell’Ucraina, a partire dalla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato e dal miglioramento del comparto giudiziario (indipendenza e imparzialità dei giudici). Infine la decisione ha posto un’enfasi speciale sul rispetto dei principi democratici, dei diritti umani, delle libertà fondamentali e del principio dello Stato di diritto.
Con riferimento alla Siria, invece, il Consiglio europeo ha fermamente condannato l’assedio di Aleppo da parte delle forze armate governative e dei suoi alleati, in particolare Russia e Iran, tra cui gli attacchi deliberati ai civili e agli ospedali e per questo ha chiesto a questi come a tutte le parti coinvolte di facilitare un’evacuazione sicura degli abitanti della zona est di Aleppo sotto la supervisione e il coordinamento delle Nazioni Unite. I primi a dover essere messi in salvo dovranno essere le persone gravemente ferite. A questa misura urgente dovranno essere associati una protezione e un aiuto immediati e incondizionati di tutti gli abitanti della stessa zona della città, senza alcuna discriminazione e in conformità con il diritto internazionale umanitario, garantendo al contempo l’accesso al personale delle Nazioni Unite e dei suoi partner per la fornitura dell’assistenza medica. Inoltre deve essere assicurata la protezione per tutto il personale medico in tutto il paese e in particolare negli ospedali di frontiera di Atmeh, Darkoush, Bab Al Hawa e Bab Al Salamah. Infine dovrà essere applicato e rispettato il diritto internazionale umanitario nelle aree orientali di Aleppo e in tutta la Siria, in particolare in quelle sacche dove sono intrappolati i civili.Per concludere, il Consiglio europeo ha delineato quelli che dovrebbero essere i prossimi passi politici per guidare la transizione in Siria e per favorire il ritorno alla normalità: la fine delle ostilità; il rispetto degli obblighi derivanti dalle risoluzioni pertinenti adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, a tal proposito, sarà centrale il ruolo dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza; l’apertura dei processi penali per coloro che si sono resi responsabili di gravi e reiterate lesioni del diritto internazionale, in particolare crimini di guerra. Infine, quella che pare essere la condizione più dura, ambigua e forse problematica per il futuro, ossia il sostegno da parte dell’Ue per la ricostruzione della Siria solo nel caso in cui ci sia un’effettiva transizione politica, cioè, tradotto dal linguaggio diplomatico, una discontinuità con la presidenza di Baššar al-Asad, il quale, quindi, nelle intenzioni dei leader europei dovrebbe farsi da parte. Evenienza questa che non piace propriamente a diversi attori regionali in prima linea anch’essi nella guerra contro l’ISIL, ma soprattutto non piace alla Federazione Russa che nel quadro della comunità internazionale (e del sistema ONU) dopo anni di sostanziale letargo ha riacquistato una posizione centrale.
Luigi D’Ettorre – Carla Di Nardo