Nella giornata del 6 febbraio si è riunito a Bruxelles il Consiglio Affari Esteri dell’Unione europea.L’incontro, presieduto dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha avuto come principale tema di discussione la situazione politica, economica e di sicurezza della Libia, ad un anno dall’istituzione del governo di intesa nazionale presieduto da Sarraj, insieme con le misure da adottare al fine di affrontare la migrazione irregolare con la Libia e i paesi limitrofi.Questi temi sorgono in relazione a quanto è stato detto e recepito a seguito del vertice di Malta del 3 febbraio, durante il quale l’Alto rappresentante ha presentato il piano per la gestione dei flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale, avallato dal Consiglio europeo.Ad un anno di distanza dall’insediamento a Tripoli del Governo di Intesa Nazionale (GIN), guidato dal Primo ministro Fayez Sarraj e supportato dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale, la crisi libica pare ancora molto lontana da una sua risoluzione.Il Paese è de facto diviso in due, da una Parte il GIN e dall’altra la Camera dei Rappresentanti di Tobruk, in particolare il suo capo di stato maggiore, il generale Khalifa Haftar.Questi due schieramenti sono circondati a loro volta da milizie su base tribale che estendono i propri potentati nelle aree più meridionali del paese ed in alcune delle principali municipalità libiche.Nel mezzo vi è il Daesh e le sigle consociate, le quali dopo l’apparente ritirata da Sirte, continuano nell’area meridionale del paese le proprie attività, contribuendo alla destabilizzazione della regione.In un quadro così complesso e mutevole si inserisce la crisi dei migranti: secondo i dati di FRONTEX e dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) attualmente circa l’80% dei migranti irregolari che solcano la rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia proviene dalla Libia.L’Unione europea con il Consiglio del 6 febbraio ha ribadito il supporto al Consiglio di Presidenza e al Governo di Intesa Nazionale, riconoscendo questi come le sole autorità di governo legittime sotto l’Accordo politico libico (APL) firmato il 17 dicembre 2015, facendo riferimento alla risoluzione precedente 2259 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata all'unanimità il 23 dicembre 2015.L’Unione ha definito gli sforzi per stabilizzare la Libia: “Ora più importanti che mai, e l'UE farà tutto il possibile per contribuire al conseguimento di tale obiettivo”.Tale obiettivo, ambizioso per alcuni, necessario per altri, si inserisce in un contesto geopolitico internazionale che vede un’Europa preoccupata del disimpegno americano nell’area che, iniziato con Obama, potrebbe proseguire con Donald Trump, e di un maggiore attivismo della Federazione Russa, la quale, dopo la Siria sta intensificando il proprio attivismo nell’area del Mediterraneo. Ciò ha portato ad un rinnovamento del proprio supporto ad Haftar, in seguito alla sua visita alla portaerei russa “Ammiraglio Kuznetsov” che transitava al largo della Cirenaica lo scorso gennaio.Questo episodio, unito alla campagna di delegittimazione condotta dal generale nei confronti di Tripoli e del mancato riconoscimento dell’autorità del GIN , rischia di minare il processo di transizione politica del paese.
In questa situazione così complessa, le conclusioni del Consiglio sembrano voler adottare un approccio simile a quello presentato nella “EU global strategy” per la PESC, ovvero un modello integrato per rispondere alle crisi internazionali.Un approccio multilaterale e pluridimensionale alla crisi libica che agisca:A livello regionale: coinvolgendo tutti gli attori nello scacchiere, i paesi confinanti e i partner internazionali;A livello locale: sottolineando l’importanza della inclusività nel processo di transizione politica del paese, ma che allo stesso tempo guardi ad azioni concrete nel campo della sicurezza, del contrasto all’immigrazione irregolare e della cooperazione allo sviluppo.Il Consiglio ha sottolineato la titolarità libica del processo politico, accogliendo gli sforzi fatti negli ultimi mesi per trovare un dialogo tra le parti al fine di rendere le istituzioni libiche più rappresentative, efficienti e capaci di ottenere risultati, invitando tutti gli attori libici ad evitare azioni che possano compromettere la transizione politica nel paese.L’UE, al fine di incoraggiare il dialogo, si è mostrata disposta a fare uso di tutti i suoi strumenti a disposizione per supportare la pace, la stabilità e la sicurezza in Libia dichiarandosi pronta a modificare le proprie misure restrittive ove necessario.Riconoscendo l’impossibilità di una risoluzione militare al conflitto, l’UE sostiene la priorità per il paese di unire tutte le forze armate sotto il controllo delle legittime autorità civili per assicurare stabilità e preservare l’unità del paese e la sua integrità territoriale.Questo sembra essere un chiaro riferimento al generale Haftar, nodo cruciale delle trattative tra Tripoli e Tobruk, il quale ha più di una volta ribadito l’intenzione di riunificare sotto il suo comando le forze armate libiche per combattere contro i gruppi terroristici nella regione, ma non sotto l’autorità del GIN.Al fine di risolvere tali controversie, il Consiglio, ha riaffermato il suo pieno supporto alla United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL) e all’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite Martin Kobler, con il quale è in essere una profonda collaborazione per accompagnare e facilitare il processo politico libico in linea con l’APL.L’Unione ha accolto di buon grado l’impegno dei paesi vicini della Libia e delle organizzazioni regionali come l’Unione Africana e la Lega araba, ribadendo la propria volontà di unirsi agli sforzi di queste organizzazioni regionali per supportare la mediazione delle Nazioni Unite, intensificando il suo dialogo e supportando le iniziative proposte, permettendo così che gli tutti attori trovino il loro terreno comune per permettere l’unificazione pacifica del paese.Il Consiglio ha espresso la propria preoccupazione per la minaccia che il terrorismo presenta per la stabilità della Libia e dei paesi confinanti.L’Unione ha richiamato tutti i libici ad unirsi contro il terrorismo, sottolineando l’importanza della prevenzione e reiterando il proprio supporto alle autorità legittime nella loro lotta contro la radicalizzazione, l’estremismo violento e il terrorismo. A tal proposito ha accolto favorevolmente la creazione della Guardia Presidenziale libica guidata dal generale Nakua avente il compito di proteggere le istituzioni create dall’APL e le missioni diplomatiche a Tripoli, tra cui quella italiana oggetto di un tentativo di attentato lo scorso 20 gennaio.Il Consiglio, inoltre, ha dichiarato di valutare un possibile supporto all’addestramento e alla formazione della Guardia Presidenziale.
Facendo riferimento ai progressi fatti al recente incontro del Libyan Economic Dialogue (LED) a Roma il 17 novembre 2016, convocato per far fronte alla crisi di liquidità provocata dai difficili rapporti tra il governo di Tripoli e la Banca Centrale libica e che vedeva il GIN protagonista, l’Unione ha richiamato tutti i partecipanti ad implementare gli accordi sottoscritti per mantenere il legittimo funzionamento dell’economia e di assicurare i fondi necessari per le attività di governo, tenendo il budget sotto controllo e ponendo fine alla crisi di liquidità in corso.Allo stesso tempo, il Consiglio ha richiamato le autorità libiche ad urgenti misure per riformare l’economia, riducendo la spesa pubblica inefficiente e operando una maggiore distribuzione dei servizi di base per rispondere ai bisogni più urgenti del popolo libico grazie ai proventi derivanti dall’incremento della produzione di petrolio.Ed è proprio sulla produzione petrolifera che il Consiglio si è espresso invitando le autorità libiche a preservare le infrastrutture petrolifere, facendo riferimento alla risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la quale affida l’esclusivo controllo del greggio alla GNA e alla National Oil Company, condannando l’esportazione illegale di petrolio.Ma il tema più caldo riguardante la Libia è quello inerente ai migranti che attraversano la rotta del Mediterraneo centrale. In linea con la dichiarazione dell’incontro informale dei Capi di Stato e di Governo del 3-4 febbraio 2017 a Malta e con la comunicazione congiunta dell’alto rappresentante e della Commissione europea del 25 gennaio 2017, il Consiglio ha ribadito il bisogno di tamponare i flussi migratori irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale e arrestare il business della tratta e contrabbando di esseri umani.Questa dichiarazione ha fatto seguito all’accordo siglato il 2 febbraio tra il premier libico Sarraj e il Presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni: un Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere.Documenti che esprimono la chiara volontà da parte dell’Unione e dei suoi Stati membri di dare attuazione ad una politica migratoria che vede la sua centralità nello sviluppo della resilienza dei paesi di origine e transito dei migranti e dei rifugiati, migliorando le capacità di accoglienza e asilo e il controllo delle frontiere.Il Consiglio ha spinto le autorità libiche a moltiplicare gli sforzi per garantire la protezione e la promozione dei diritti umani, specialmente nei centri di trattenimento per i migranti, chiamando le autorità locali ad assicurare senza impedimenti e in sicurezza l’accesso ai centri degli operatori umanitari per rafforzare la protezione dei migranti, assicurare che vi siano condizioni adeguate nei centri di trattenimento e nelle strutture ricettive, adoperarsi per trovare alternative al trattenimento e aumentare il numero dei rimpatri volontari assistiti dalla Libia.L’Unione farà ricorso al Fondo fiduciario di emergenza dell'UE per l'Africa e intensificherà la cooperazione con l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l'UNHCR. Collaborerà con i comuni libici per promuovere fonti di sostentamento alternative e sostenere la resilienza delle comunità locali che accolgono migranti, rifugiati e persone bisognose di protezione internazionale.A seguito della richiesta di aiuto alla comunità internazionale per la formazione di una Guardia costiera e marina militare libica del premier Serraj del maggio 2016, l’Unione, come già avallato dal Consiglio del 20 giugno, manterrà fede ai suoi impegni di collaborazione con le autorità libiche al fine di dare un contributo teso a sostenere la riforma del settore della sicurezza e a sviluppare le loro strutture di sicurezza e difesa, attraverso la fornitura di addestramento, equipaggiamento e altro supporto alla guardia costiera e marina libica e altre rilevanti e legittimate agenzie libiche, con l’ausilio di diverse iniziative complementari e coordinate nell'ambito della rete Seahorse per il Mediterraneo, dell'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera e della Missione EUNAVFOR MED Operation Sophia. Quest’ultima continuerà a focalizzare la propria missione sull’arresto delle reti legate al business del traffico e contrabbando di esseri umani, contribuendo all’applicazione dell’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite.La EU Border Assistance Mission in Libya (EUBAM) continuerà a collaborare con le autorità libiche e a prestare loro assistenza in vista di una possibile futura missione civile, quando le condizioni lo consentiranno, nei settori della polizia, dello Stato di diritto e della gestione delle frontiere.L’Unione sta adottando un pacchetto di finanziamenti per la cooperazione del valore di 120 milioni di euro, incentrato sulla società civile, sulla governance, sanità, gioventù ed educazione, migrazioni, sicurezza e mediazione. Mentre nel breve termine, continuerà a fornire assistenza attraverso vari strumenti di finanziamento, compreso il sostegno ai comuni e la fornitura di servizi essenziali ai cittadini libici in stato di bisogno in aggiunta agli aiuti umanitari ampliati con 10,8 milioni di euro nel 2016.Il Mediterraneo centrale sembra essere una priorità per l’Unione, da un lato per dare una parvenza di risoluzione alle problematiche interne e umanitarie derivanti dai flussi migratori, dall’altro per creare stabilità e sicurezza in una delle frontiere più calde dell’Unione.Un piano ambizioso che mette in campo numerose risorse, sia economiche che politico-diplomatiche per supportare un governo di fatto non riconosciuto dall’assemblea parlamentare di Tobruk e osteggiato fortemente dal suo braccio armato, il generale Haftar, personalità che non ha esitato più volte a supportare azioni violente contro Tripoli e spalleggiato da attori internazionali importanti quali la Federazione Russa e l’Egitto di Al-Sisi. La Libia versa in una situazione economica precaria e larghe porzioni di territorio sono in mano a gruppi e milizie armate direttamente o indirettamente implicate nel traffico di esseri umani.L’applicazione di una strategia multilaterale, in stretta cooperazione con le autorità libiche riconosciute, i paesi vicini e le organizzazioni internazionali e regionali potrà portare ad un efficace risoluzione del conflitto evitando una nuova guerra civile?La gestione “indiretta” dei flussi migratori provenienti dall’Africa Subsahariana permetterà di dare una risposta adeguata all’emergenza migranti nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani senza la presenza di una missione civile o militare UE sul campo?Riuscirà l’Unione, e i suoi paesi membri a mantenere una visione condivisa e soprattutto un’azione comune per la Libia? O gli interessi nazionali sovrasteranno qualsiasi piano o strategia?Da scenario secondario negli anni passati, il Mediterraneo e la Libia potrebbero concretamente determinare il futuro della “global strategy” europea per la PESC, ancora prima della sua concreta attuazione.
Fabio Sulli
Per maggiori informazioni:Dati FRONTEXJOINT COMMUNICATION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL AND THE COUNCIL - Migration on the Central Mediterranean route Managing flows, saving lives